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Fotovoltaico in Emilia, giro d’affari verso il mezzo miliardo

Tutto nasce da un corto circuito innescato dalla crisi economica. Nel secondo semestre 2008, quando Obama cavalcava lo “yes, we can” all’insegna di equità e ambiente, proprio allora il business del fotovoltaico subì il colpo peggiore: il crollo della domanda. Tra gli impiantisti rimbalzano leggende venute dall’Oriente, dove le lastre vengono prodotte dai più grandi esperti del mondo del silicio, lo stesso materiale base dei chip dei computer. «I prezzi dei pannelli sono calati del 40%», si dice ed è il prezzo stracciato che prepara la rivoluzione. Da allora a oggi quel che è successo è clamoroso e un dato lo dimostra: con il primo Conto energia furono prodotti impianti per poco più di 160 mila Mwh, con quello in scadenza si è arrivati a superare il milione. Continue reading

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Rifiuti, un business da 150 milioni di euro

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E’ una partita da centocinquanta milioni di euro all’anno quella sui rifiuti della provincia di Bologna, con metà del maxi assegno che serve per pagare chi li raccoglie zona per zona (e anche per la pulizia strade: costo tra 80 e 140 euro a tonnellata) e il resto per smaltirli (costo tra 90 e 110 euro a tonnellata). I bolognesi producono ogni anno rifiuti per circa 600 mila tonnellate, che giusto per avere un’idea delle dimensioni corrispondono a qualcosa come tre enormi navi da crociera, inabissate nelle discariche sotto la pianura o le colline bolognesi. Questo allora diventa il punto di partenza delle politiche ambientali, da cui nasce il Piano provinciale della gestione dei rifiuti. Aggiungendo che per legge entro il 2012 il 65% di questo “rusco” dovrà diventare raccolta differenziata, «quando il piano funzionerà a regime», spiega l’assessore provinciale all’Ambiente Emanuele Burgin.

Fatto sta che tra concertazioni e controdeduzioni sono serviti tre anni a palazzo Malvezzi per elaborare il piano strategico che, se tutto filerà liscio, verrà approvato a fine mese in aula consiliare. C’è poi da aggiungere che la differenziata è arrivata a quota 40% in ambito territoriale, anche se Bologna è il fanalino di coda dei Comuni della provincia arrivando appena al 35% del totale. Piccola parentesi in tema di volume dei rifiuti: i bolognesi nel producono 574 kg all’anno a testa (calo del 2,5% rispetto al 2008), un chilo e mezzo al giorno, quoziente che fa stare la città delle Due Torri sotto la media regionale, superiore ai 600 kg pro capite.

Il problema è come fare in modo che due di quelle tre navi da crociera piene di “rusco” diventino raccolta differenziata. La soluzione, spiega Burgin, potrebbe essere meno complessa del previsto. «Nel 2011 – avvisa – scadrà il contratto con Hera per la raccolta e nel nuovo bando previsto dal decreto Ronchi ci sarà un capitolato in cui chiederemo esplicitamente di raggiungere l’obiettivo del 65% di differenziata, ovviamente con possibilità di rescindere il contratto in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo». L’uovo di Colombo degli eco-rifiuti insomma: il problema dovrà risolverlo il nuovo appaltatore.
Ma se in gran parte delle quattro aree (cintura metropolitana, imolese, pianura nord e montagna) del territorio provinciale la raccolta dei rifiuti riesce ad essere gestita con una certa agilità, non altrettanto può dirsi della città di Bologna. In pochi scommetterebbero sul fatto che tra due anni i due terzi della popolazione cittadina riuscirà a smaltire con la differenziata i propri rifiuti, con una crescita del 30% in 24 mesi, sia pure in presenza di un progetto della giunta Cofferati che mirava al 50%, a metà strada in pratica. «Il piano provinciale serve proprio a favorirlo – spiega Burgin – Prima di tutto si estenderà la raccolta domiciliare, il cosiddetto porta a porta. Poi incentiveremo la tariffa puntuale: il cittadino pagherà in base al peso effettivo dei suoi rifiuti. Si lavorerà sul recupero dei beni prima che diventino rifiuti e si incentiverà il compostaggio». Secondo i dati della Provincia, tutto ciò potrebbe portare a una riduzione quantitativa dei rifiuti fino a 100 mila tonnellate all’anno, a essere ottimisti. Resterebbero quindi da smaltire circa 500 mila tonnellate. «Per questo non faremo nuove discariche, ma riapriremo quella di Baricella – aggiunge Burgin – e amplieremo quelle di Imola (Tre Monti), Gaggio (Cà dei Ladri) e Sant’Agata Bolognese. L’inceneritore invece brucerà circa 220 mila tonnellate l’anno». Il tutto determinerà una riduzione di tre quarti delle emissioni di Co2.

E’ una partita da centocinquanta milioni di euro all’anno quella sui rifiuti della provincia di Bologna, con metà del maxi assegno che serve per pagare chi li raccoglie zona per zona (e anche per la pulizia strade: costo tra 80 e 140 euro a tonnellata) e il resto per smaltirli (costo tra 90 e 110 euro a tonnellata). I bolognesi producono ogni anno rifiuti per circa 600 mila tonnellate, che giusto per avere un’idea delle dimensioni corrispondono a qualcosa come tre enormi navi da crociera, inabissate nelle discariche sotto la pianura o le colline bolognesi. Questo allora diventa il punto di partenza delle politiche ambientali, da cui nasce il Piano provinciale della gestione dei rifiuti. Aggiungendo che per legge entro il 2012 il 65% di questo “rusco” dovrà diventare raccolta differenziata, «quando il piano funzionerà a regime», spiega l’assessore provinciale all’Ambiente Emanuele Burgin.

Fatto sta che tra concertazioni e controdeduzioni sono serviti tre anni a palazzo Malvezzi per elaborare il piano strategico che, se tutto filerà liscio, verrà approvato a fine mese in aula consiliare. C’è poi da aggiungere che la differenziata è arrivata a quota 40% in ambito territoriale, anche se Bologna è il fanalino di coda dei Comuni della provincia arrivando appena al 35% del totale. Piccola parentesi in tema di volume dei rifiuti: i bolognesi nel producono 574 kg all’anno a testa (calo del 2,5% rispetto al 2008), un chilo e mezzo al giorno, quoziente che fa stare la città delle Due Torri sotto la media regionale, superiore ai 600 kg pro capite.

Il problema è come fare in modo che due di quelle tre navi da crociera piene di “rusco” diventino raccolta differenziata. La soluzione, spiega Burgin, potrebbe essere meno complessa del previsto. «Nel 2011 – avvisa – scadrà il contratto con Hera per la raccolta e nel nuovo bando previsto dal decreto Ronchi ci sarà un capitolato in cui chiederemo esplicitamente di raggiungere l’obiettivo del 65% di differenziata, ovviamente con possibilità di rescindere il contratto in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo». L’uovo di Colombo degli eco-rifiuti insomma: il problema dovrà risolverlo il nuovo appaltatore.
Ma se in gran parte delle quattro aree (cintura metropolitana, imolese, pianura nord e montagna) del territorio provinciale la raccolta dei rifiuti riesce ad essere gestita con una certa agilità, non altrettanto può dirsi della città di Bologna. In pochi scommetterebbero sul fatto che tra due anni i due terzi della popolazione cittadina riuscirà a smaltire con la differenziata i propri rifiuti, con una crescita del 30% in 24 mesi, sia pure in presenza di un progetto della giunta Cofferati che mirava al 50%, a metà strada in pratica. «Il piano provinciale serve proprio a favorirlo – spiega Burgin – Prima di tutto si estenderà la raccolta domiciliare, il cosiddetto porta a porta. Poi incentiveremo la tariffa puntuale: il cittadino pagherà in base al peso effettivo dei suoi rifiuti. Si lavorerà sul recupero dei beni prima che diventino rifiuti e si incentiverà il compostaggio». Secondo i dati della Provincia, tutto ciò potrebbe portare a una riduzione quantitativa dei rifiuti fino a 100 mila tonnellate all’anno, a essere ottimisti. Resterebbero quindi da smaltire circa 500 mila tonnellate. «Per questo non faremo nuove discariche, ma riapriremo quella di Baricella – aggiunge Burgin – e amplieremo quelle di Imola (Tre Monti), Gaggio (Cà dei Ladri) e Sant’Agata Bolognese. L’inceneritore invece brucerà circa 220 mila tonnellate l’anno». Il tutto determinerà una riduzione di tre quarti delle emissioni di Co2.

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Scommesse, concorsi e lotterie nel 2009, a Bologna puntati 845 milioni di euro

Un conforto scientifico rende verosimili i numeri stellari, «assumendo l’ipotesi che la popolazione bolognese si sia comportata come il resto d’Italia», precisa Roberto Ciampicacigli, Censis. E’ lui il curatore di “Gioco ergo sum”, la ricerca sul rapporto tra italiani e azzardo pubblicata mesi fa. «Non sono reali, ma è possibile fare delle stime su quest’anno». Nel 2008 ogni bolognese in media aveva giocato 907 euro con un giro d’affari complessivo di quasi 300 milioni di euro. Mettendo insieme anche la provincia, si è arrivati a 755 milioni di euro. E questi sono dati appurati.

Il 2009 è ancora più all’insegna dell’azzardo con raccolta nazionale oltre i 53 miliardi di euro, quasi il 12% in più dell’anno precedente. Dalle nostre parti, si può stimare allora una spesa pro capite di oltre 1015 euro. Unica accortezza, suggeriscono proprio dal Censis, tenere fuori dal calcolo i residenti di età compresa tra 0 e 18 anni. Totale in città: 333 milioni di euro. Totale con tutta la provincia: più di 845 milioni di euro. Però, mica male.

Ma come vengono spesi questi soldi? Anche qui, con il conforto cauto del ricercatore del Censis è possibile stimarli. «Ma bisogna ricordare – avverte Ciampicacigli – che in alcune province alcuni giochi hanno più successo, e in altre meno».

Il padrone assoluto della raccolta è il filone “newslot”, quello degli apparecchi normati da legge specifica e venuto fuori dall’antico giungla dei videopoker. Sui 53,4 miliardi totali in Italia, qui ne sono stati giocati circa 25, ovvero oltre il 46%. A Bologna e provincia si può stimare una spesa di circa 390 milioni di euro.

Ma veniamo al Superenalotto, vicino a quota 3,3 miliardi con oltre il 6% del totale. Il dato delle Due Torri si può stimare in oltre 50 milioni, praticamente qualcosa come 63 euro a testa durante tutto l’anno.

Passando al Gratta e Vinci, a livello nazionale sono stati incassati circa 9,3 miliardi, cioè il 17,5% del totale. In questo caso i dati che ci riguardano vengono forniti direttamente da Lottomatica. «In provincia di Bologna dall’1 gennaio al 30 settembre 2009 – scrivono dall’ufficio stampa – sono stati venduti biglietti per 104.062.200 euro, mentre le vincite dall’1 gennaio fino al 31 dicembre 2009 sono di 71,754,768 euro». Su tutto l’anno, l’importo si può stimare in 147 milioni di euro, in pratica circa 176 euro pro capite.

Crescono anche le scommesse sportive, arrivate a 4 miliardi di euro per circa il 7,5% del giocato totale. A Bologna e provincia si può stimare in oltre 63 milioni, circa 76 euro a testa. Anche in questo dato, da Lottomatica arrivano dei dati sul settore Better. Scrivono gli operatori: «Per quanto riguarda il numero di biglietti emessi nel 2009, l’Emilia Romagna ha totalizzato il 5,33% sul totale nazionale, mentre la provincia di Bologna si è assestata allo 0,65%. Nelle percentuali totalizzate rispetto alla raccolta nazionale (ovvero il valore dei biglietti), l’Emilia Romagna ha raggiunto il 6,74% e la provincia di Bologna lo 0,8%». Aggiunge Lottomatica che il numero delle scommesse in provincia di Bologna è di oltre 4 milioni di giocate, in Emilia-Romagna supera abbondantemente i 34 milioni. Su questo campo il discorso è più complesso, perché da un lato c’è l’importo complessivo giocato nelle scommesse, dall’altro invece gli incassi dei singoli operatori (Lottomatica, Snai, Bwin, e gli altri). A picco le scommesse ippiche, secondo le proiezioni dei dati con incassi a livello nazionale di poco inferiori a 2 miliardi di euro (3,5%) e che a livello locale sono stimabili in 30 milioni di euro.

A picco anche il bingo, sceso a 1,4 miliardi di euro in Italia (2,6%) e stimabile in circa 22 milioni di euro in provincia di Bologna. In fase calante anche il Lotto con 5,6 miliardi a livello nazionale (10,5%) e circa 88 milioni di euro in provincia di Bologna. In crescita gli skill games, ovvero poker e altri giochi online: nel 2009 raccolta oltre i 2,3 miliardi di euro, con una stima su Bologna che arriverebbe a 33 milioni di euro circa, anche se ai fini statistici non avviene la rilevazione sulle città di provenienza di chi gioca su internet, cosa che rende il dato poco realistico.

Fuori graduatoria il gioco illegale: ventitre miliardi di euro complessivi nel 2009, cinque dei quali online. È la situazione nel nostro Paese stilata dall’Eurispes e riportata da “Bet”. Chissà quanto sarà la stima sul territorio bolognese.

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